martedì 13 marzo 2012

Stato e criminalità, di Michele Basso


Quello che ci raccontano

Secondo l’ideologia ufficiale, il cittadino gode della libertà civili: libertà personale, politica ed economica, che costituirebbero un efficiente barriera contro le intromissioni dello stato. Ci sono poi i diritti sociali, con la partecipazione al potere politico e alla distribuzione della ricchezza. La libertà personale è garantita dall’Habeas Corpus, che in origine era un ordine della Corte al guardiano delle carceri perché conducesse il detenuto davanti alla Corte stessa, per evitare detenzioni illegali.

Viviamo in stati democratici, di diritto, ci ribadiscono ogni giorno presidenti e costituzionalisti, giornalisti di destra e di “sinistra”. Ma è proprio così?

Tutti sanno che, data l’enorme distanza, noi non vediamo le stelle come sono oggi, ma come erano una volta, anche milioni di anni fa. Vediamo ancora astri scomparsi da millenni. Qualcosa di simile accade per il diritto, che riflette una società ormai scomparsa, la società liberale premonopolistica, della concorrenza fra milioni di piccole e medie aziende. Allora le libertà riguardavano soprattutto alcuni paesi d’Europa e d’America. Il paese classico del liberalismo, la Gran Bretagna, nelle colonie si guardò bene dal concedere simili diritti alle popolazioni locali, e diede un forte contributo alla criminalità costringendo, con due guerre, la Cina ad acquistare l’oppio indiano. Gli stati dell’Europa liberale, a cominciare dall’Italia giolittiana, non avevano remore ad accogliere con le pallottole le manifestazioni operaie e contadine. Ma, nella maggior parte dei casi, lo stato liberale non condannava a morte senza processo.


Le trasformazioni in corso

In un discorso alla Northwestern University Law School di Chicago, il ministro della Giustizia americano, Eric Holder, ha dichiarato che il presidente degli Stati Uniti può ordinare segretamente l’assassinio mirato di presunti terroristi, cittadini americani compresi, in ogni paese del mondo, e, come giustificazione legale, ha citato il provvedimento approvato dal Congresso il 14 settembre 2001, cioè poco dopo l’attacco contro le Torri Gemelle. Tutto questo alla faccia dell’Habeas Corpus. E’ la risposta a chi chiedeva su quali basi legali erano stati assassinati nel settembre 2011, da un drone in territorio yemenita, due cittadini americani, Anwar al-Awlaki, e Samir Khan, fondatore della rivista di Al-Qaeda in lingua inglese Inspire. Pochi giorni dopo, la stessa fine toccò al figlio sedicenne di Awlaki, Abdulrahman. Basta il sospetto che qualcuno appartenga ad una associazione terroristica, a giudizio insindacabile di alcuni collaboratori di Obama, e l’individuo è spacciato.(1) Il drone ammazza un innocente? Oops... uno spiacevole errore.

Manlio Dinucci, citando il New York Times, conferma che in Afghanistan le forze convenzionali saranno progressivamente sostituite dalle forze per le operazioni speciali, che resteranno nel paese oltre il 2014. Daranno la caccia agli insorti, potranno ucciderli o catturarli. “I commandos delle operazioni speciali in genere non portano neppure l'uniforme, ma si camuffano con abbigliamento locale. Gli assassini e le torture che compiono restano così anonimi. E poiché sono gli Stati Uniti a dettar legge nella Nato, molto probabilmente gli alleati stanno adottando lo stesso modello. Quello dell'Anonima Assassini delle «grandi democrazie» occidentali.”(2)

Johan Galtung scrive che sotto la presidenza Bush le Operazioni Speciali USA erano presenti in 60 paesi, in 75 lo scorso anno e il prossimo anno saranno in 120 stati. “Il SOCOM Congiunto (JSOCOM) è un sub-comando clandestino la cui missione primaria è rintracciare e uccidere sospetti terroristi secondo un elenco globale di potenziali vittime che comprende cittadini USA. Gestisce una campagna extra-legale di “uccisione-cattura” che un ex-consulente di contro-insurrezione definisce “una macchina antiterroristica quasi a scala industriale per uccidere”. E termina così: “La marina USA nel Pacifico per contrastare la Cina assorbirà i risparmi militari altrove. Un impero in declino. E una nazione killer.(3)

Ecco cosa significava realmente il motto di Obama: “Yes, we can”! Possiamo ammazzare chiunque, in qualsiasi paese della terra!

Luigi XIV, con una lettre de cachet, poteva far rinchiudere nella Bastiglia chicchessia, ma la sua capacità di farlo non andava molto oltre la Francia e le colonie; anche se poteva far bombardare Genova o Heidelberg, trovava forti ostacoli in Inghilterra e Olanda. Il governo degli Stati Uniti può colpire in qualunque paese, come il Dio della Bibbia. In Mongolia, eroe nazionale è Gengis Khan, in Ungheria Attila, in Romania il principe Dracula l’Impalatore, in USA, date le nuove forme di legalità, potrebbero scegliere Al Capone.

Anche in Israele l’omicidio mirato è legalizzato: la Corte suprema israeliana ha stabilito che le operazioni di esecuzioni mirate condotte contro i palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza sono legali, a seconda dei casi: "Non si può stabilire in anticipo che tutte le esecuzioni mirate sono contrarie al diritto internazionale. Allo stesso modo, non è possibile che tutte le esecuzioni siano conformi al diritto internazionale. La legalità di ogni esecuzione deve essere esaminata caso per caso".(4)

Il Mossad sta facendo strage degli scienziati iraniani, e i recenti bombardamenti di Gaza hanno fatto molte vittime, tra cui un bambino di 12 anni. La stampa occidentale si guarda bene dal condannare il governo israeliano, anzi ogni critica al governo guerrafondaio di Netanyahu, persino se viene da ebrei, è considerata antisemitismo.

Assassini di stato se ne sono sempre commessi, a volte giustificati con la ragion di stato o per motivi religiosi (i regicidi teorizzati dai Gesuiti), ma ora, visto che siamo in stati democratici e di diritto, gli omicidi devono essere legalizzati.

In Italia non ce n’è bisogno, basta l’iniziativa privata: mafia, camorra, ndrangheta, Sacra Corona unita, Banda della Magliana rediviva. C’ è solo l’imbarazzo della scelta.

Una volta si negava che ci fosse la mafia in Sicilia, ora lo si ammette, ma guai a parlare di ‘ndrangheta in Lombardia (In Padania? Quando mai?) o in Liguria.(5) Ci sono poi le istituzioni, molti giornalisti e associazioni che dicono: “E’ vero, molti imprenditori sono accondiscendenti per quieto vivere, altri complici. Nelle stesse istituzioni statali ci sono settori inquinati. Ma lo stato, nel suo complesso è una garanzia, bisogna lavorare a formare le coscienze, soprattutto nei giovani, e la battaglia contro la malavita sarà vinta.”

Belle parole, ma chi si mette contro le mafie, spesso, lungi dall’essere protetto, viene minacciato e discriminato, quando non paga con la vita il suo atto coraggioso. Pare che Borsellino sia stato ucciso per essersi opposto alle trattative Stato – mafia. Ma gli omicidi eccellenti sono la punta dell’iceberg, ci sono molti casi di persone oneste discriminate per avere scoperto qualcosa che doveva rimanere segreto.(6)


L’imperialismo, ovvero la fase criminale del capitalismo

Ogni giorno cresce sempre più, in qualsiasi paese, il livello della criminalità, che coinvolge continuamente gli stati. Gli assassini legati alla droga in Messico sono una piaga sociale, e la “tolleranza” dello stato è fin troppo evidente. Sempre più frequenti gli omicidi di giornalisti scomodi, ovunque, soprattutto in zona di guerra.

Possiamo cercare una spiegazione. Un sistema economico sociale quando è giovane migliora le condizioni della società, alla fine del suo ciclo, invece, diffonde tossine e diventa un pericolo per la società stessa. Il feudalesimo all’inizio curò la produzione agricola, fiaccata dal latifondo romano, e, grazie alla ripresa demografica, popolò di villaggi le vallate alpine. Il comune degli albori accolse i servi della gleba fuggitivi e ne fece dei cittadini. Le tasse erano leggere. Difese i comuni rurali contro i feudatari. Ma in seguito sfruttò i comuni rurali peggio dei feudali, accentuò al massimo le differenze sociali, esaurì i cittadini con una fiscalità esosa.

Il capitalismo, dalla rivoluzione inglese in poi, distrusse i resti della servitù della gleba, e creò le condizioni per un gigantesco sviluppo delle forze produttive. Poche scritti elogiano la funzione rivoluzionaria della borghesia con la forza del “Il Manifesto” di Marx ed Engels. Ma lo sviluppo della libera concorrenza con la vittoria del più forte crea le condizioni del monopolio. Al posto della vecchia proprietà privata fondata sul lavoro individuale e familiare, si sviluppano giganteschi complessi, con la fusione del capitale industriale, commerciale, bancario; in altre parole, si sviluppa il capitale finanziario. Là dove sopravvive, la piccola impresa lavora quasi sempre per un grande complesso industriale ed è alla mercé delle banche. Il livello nazionale non basta più, dominano il mercato le multinazionali. Queste sono in grado di imporre le loro scelte, non solo ai piccoli paesi, ma anche alle grandi potenze. Non è un mistero che, dove dominano le multinazionali del settore alimentare, come nelle piantagioni dell’America centrale, i sindacalisti sono vittime di attentati in grande numero.

Le multinazionali in Congo finanziano la guerra. E’ uno dei paesi più ricchi del mondo in risorse minerarie. Oro, diamanti, rame, cobalto, uranio, stagno e minerali rari e strategici; per esempio il coltan, indispensabile per la costruzione dei telefonini e che in Congo è presente in quantità superiore a quella di qualsiasi altro paese. Il coltan ed altri minerali escono dal Congo attraverso il Ruanda dal 1998. Le multinazionale hanno buon gioco a finanziare la guerra, perché il Congo non possa rientrare in possesso delle sue ricchezze naturali. Sono cose note fin dal tempo di Lenin.

Le grandi società e le grandi banchi finanziano mercenari, corrompono o ricattano politici, infischiandosene della popolazione. La loro condotta non è molto diversa da quella della criminalità organizzata: una stessa logica di sopraffazione, nell’età del tardo capitalismo, accomuna bande, grandi banche, stati.

Il grande capitale si accaparra le fonti di materie prime, monopolizza la manodopera qualificata, i brevetti, che spesso acquista e chiude nel cassetto, pur di sottrarli alla concorrenza. Pianifica la propria produzione - ma si tratta di una pianificazione contro la società - e cerca di eliminare gli ostacoli con ogni mezzo, dal dumping alla conquista militare tramite uno stato potente, dalla corruzione alla dinamite. Sviluppa su vasta scala quello che le bande criminali fanno nel loro territorio: monopolizzano le fonti di produzione, favoriscono le imprese amiche e fanno saltare i macchinari e i capannoni di quelle che si ribellano alla loro tutela. Il capitalismo putrescente è l’ambiente ideale per lo sviluppo di ogni forma di corruzione e di malavita, non solo ai margini della società, ma anche ai vertici.

Lo stato killer, il gangsterismo diffuso e tracotante, la crescente corruzione, sono aspetti del sistema capitalistico che sta degenerando a vista d’occhio. Lasciamo ad altri le prediche sullo sviluppo capitalistico sostenibile o sulla rigenerazione di questo stato, perché si tratta di soluzioni impossibili, e lo stesso riformismo è degenerato in contro-riformismo. Lo sviluppo equilibrato (ma quando mai si è avuto? Il capitalismo è per sua natura in continuo squilibrio), la decrescita felice, la redistribuzione della ricchezza, sono miti inconciliabili con la dinamica del profitto. Questa ruota di Juggernaut schiaccia i proletari e la masse sfruttate.

L’unica salvezza per il capitalismo consiste nel portare fino in fondo l’opera di distruzione: una guerra mondiale, che, con le sue enormi distruzioni di mezzi e vite umane, permetterebbe di ripartire da un livello più basso, con saggi di profitto altissimi, ringiovanendo il capitalismo stesso. I marxisti di un tempo ponevano questa alternativa: o socialismo o barbarie. Siamo in piena barbarie, che avanza ogni giorno di più. La guerra mondiale non è un prezzo che l’umanità può permettersi di pagare. L’altra soluzione, difficile da raggiungere ma liberatoria, è legata alla lotta per il socialismo, e alla repubblica dei consigli. Guerra o rivoluzione, sono le vere alternative. Le rivoluzioni non sono decise dalla classe operaia e neppure dal partito di classe. Scoppiano quando ogni altra via è preclusa, e possono andare a buon fine solo se il partito dei lavoratori ha la capacità e l’esperienza per guidarle.

Michele Basso

12 marzo 2012


NOTE

1) Michele Paris, “Usa, l’assassinio è legale”, http://www.altrenotizie.org/images/stories/2012-1/holder.jpg e Informazione Consapevole http://informazioneconsapevole.blogspot.com/

2) Johan Galtung, “Dall’Impero al fascismo globale”, in Megachip, 11 marzo 2012.

3) Manlio Dinucci, “Anonima Assassini di stato, il manifesto, 2012.02.07.

4) Medio Oriente. “Corte suprema israeliana: non tutte le esecuzioni mirate sono illegali” Gerusalemme - 14 dicembre 2006 RAINEWS24.IT

5) Ferruccio Sansa, “Non lasciamo solo Christian Abbondanza”, – Il Fatto Quotidiano http://www.casadellalegalita.org Andrea Giambartolomei, | “ ‘Ndrangheta in Piemonte, anche Chivasso sotto osservazione per infiltrazioni mafiose”, Il Fatto Quotidiano”, 28 dicembre 2011.
Francesco Erbani, “Desio rompe la gabbia di cemento voluta dalla ‘ndrangheta urbanista”, La Repubblica.
Francesco Erbani e Marco Billeci “Cosche, benvenute al nord. Servizi a prezzi stracciati, è la ‘ndrangheta delle nebbie.” La Repubblica.

6) Un caso gravissimo di discriminazione e di sopruso: Alessandro D’Amato, “L’uomo che lavorava troppo. La storia di Gian Piero Buscaglia, impiegato in Polizia troppo ingenuo e zelante che un giorno mette il naso dove non dovrebbe. E ne riceve in cambio 23 anni di vessazioni, dodici perizie psichiatriche e due condanne. Fino al licenziamento.” Su “Giornalettismo”, 23 luglio 2008. http://www.giornalettismo.com/archives/1501/luomo-che-lavorava-troppo/
Sempre su Buscaglia, c’è un’interrogazione di Poretti, Perduca al Ministro degli interni, (Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00664, pubblicato il 15 ottobre 2008 Seduta n. 73.)
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=16&id=313256

http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_identita/2012_03_michele-basso_stato-e-criminalita.htm

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